La guerra degli Ulivi

Amara Terra mia.

Uliveti, frantoi ipogei, masserie, aziende e capannoni, tutto compra la multinazionale americana che si è rivolta all’agenzia immobiliare “Guida” di Matino (Le), perché intende “investire nel Salento”. E la xylella fa meno paura.

Pur di comprare, “la multinazionale è disposta a mettere a posto le irregolarità”. Sistemare abusi, pagare multe, ma il progetto è quello del turismo diffuso con residenze basse e immerse nel verde. Vogliono pure costruire nuove strade e piste ciclabili».

I comuni interessati sono Gallipoli, Sannicola, Casarano, Matino, Tuglie, Taviano, Melissano, Parabita, Alezio e tutta la costa jonica; ma nel comune di Torchiarolo le piante sono state curate e si sono riprese.

L’ Ue pretenderebbe, ed è in arrivo la seconda procedura di infrazione, che l’Italia eradicasse il batterio abbattendo anche le piante sane nel raggio di cento metri rispetto a quelle infette. Da matti.

La Regione Puglia intanto prepara una legge ad hoc.

Ma adesso arriva il bello: è più facile che l’Ue consenta il reimpianto di qualità resistenti alla xylella, ma il sospetto che qualcuno vuole approfittarsene è forte.

Un ulivo millenario produce dai 18 ai 22 litri d’olio, mentre piante come la Lecciana, una nuova varietà di pianta, ibrida, brevettata dalla società spagnola Agromillora, raggiunge facilmente i 35.

Secondo la ricostruzione dei magistrati, la diffusione del batterio Xylella fastidiosa andrebbe collegato ad attività di ricerche svolte in “campi sperimentali”. I progetti coinvolsero l’Università di Bari e alcuni centri di ricerca, e avrebbero visto l’utilizzo di pesticidi non autorizzati, come il Roundop Platinum 

L’accordo fu stipulato nel dicembre 2013, e prevedeva la “Valutazione, brevettazione e commercializzazione di nuove selezioni di olivo da olio”; l’Università di Bari si assicurava il 70% delle royalties.

I movimenti che si oppongono al taglio degli alberi parlano apertamente di conflitto di interessi tra produttori e ricercatori, e la procura di Lecce sta approfondendo il filone d’inchiesta. Nel decreto di sequestro di 2223 ulivi condannati a morte dalla Ue, restituiti nel luglio scorso ai legittimi proprietari perché sia eseguita la sentenza, si accusano gli scienziati dell’Università di Bari e dell’Istituto Agrario Mediterraneo, Iam, di aver gestito «in maniera totalmente monopolistica» lo studio del batterio.

Tutto comincia nel 2006: l’università Aldo Moro, il Cnr di Bari e lo Iam danno vita al progetto Olviva, che prevede lo studio e l’applicazione di nuove metodologie produttive. Il ricercatore dello Iam Giovanni Paolo Martelli, non indagato, «suggerirà in base a una mera intuizione», scrive la procura, «di valutare la presenza della xylella quale causa dei fenomeni di disseccamento dell’ulivo»; insospettisce il fatto che «tutti gli enti e i laboratori coinvolti siano riconducibili ai medesimi soggetti».

Viene così indagato il coordinatore del progetto Vito Nicola Savino, docente dell’università Aldo Moro e dirigente del centro di ricerca Basile Caramia, associazione senza scopo di lucro della quale sono soci la medesima università, la Regione Puglia e lo Iam. Indagato Donato Boscia, responsabile della sede operativa di Bari dell’istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr, strenuo assertore del ricambio di cultivar in Puglia: «Non vogliono abbattere gli ulivi malati per salvaguardare il paesaggio? Scusate, ma farebbe allegria un albero secco? Perché non prendiamo atto del disastro, che è irreversibile?».

Boscia, Savino e Martelli fanno parte, assieme ad altri sette indagati, del comitato tecnico-scientifico istituito per fronteggiare l’emergenza. In più condividono lo stesso approccio scientifico nei confronti della xylella adottato durante i dibattiti all’Accademia dei Georgofili, della quale fa parte anche l’europarlamentare Pd Paolo De Castro, già ministro delle Politiche agricole nei governi D’Alema e Prodi II.

Luigi Russo, battagliero rappresentante del movimento anti-tagli battezzato Popolo degli Ulivi, parla apertamente di lobby agroindustriale: «Solo il 5% degli alberi ammalati è sicuramente infettato dalla xylella, sono dati ufficiali, ma a tutti fa comodo che si vada avanti con gli abbattimenti: si piantano le colture intensive che De Castro sponsorizza da almeno vent’anni, con l’appoggio dei ricercatori».

Paolo De Castro non nega: «Sostituire alberi improduttivi con altri produttivi è l’unico modo per assicurare un futuro alla Puglia. Purtroppo Bruxelles non lo consente, per ora, ma al Cnr di Bari stanno lavorando sul genoma dell’ulivo e questo disastro può essere l’occasione per fare non uno, ma due passi decisivi per arrivare ad avere un’agricoltura da reddito». Fabrizio De Castro, fratello dell’europarlamentare e consulente dello Iam, anch’egli nel mirino degli ambientalisti per presunto conflitto di interessi: «Il mio unico interesse è che si ripeta con l’olio il miracolo del vino. In Puglia era pessimo, veniva utilizzato per tagliare il prodotto del nord, e oggi abbiamo etichette che ci invidiano tutto il mondo».

Sulle peraltro diffuse aspirazioni dei fratelli De Castro sta curiosando la Procura di Lecce, che scrive nell’ordinanza di sequestro come una nuova coltura di olivo resistente al batterio porterebbe allo Iam e ai ricercatori collegati «enormi vantaggi di carattere economico». L’Istituto Agrario Mediterraneo, essendo un organismo sovrannazionale, non è però indagabile da nessuna magistratura europea: e il sospetto che possa aver importato il batterio della xylella da Amsterdam in occasione di un convegno, e magari lo abbia lasciato proliferare dolosamente, è destinato a rimanere tale.

La Procura vuole comunque chiudere l’inchiesta in fretta, Cataldo Motta si augura «entro la fine dell’anno», e sta puntando i fari anche sullo smodato uso di pesticidi fatto in Puglia negli ultimi anni. Nel mirino è tra gli altri la Monsanto, accusata di aver sperimentato nei poderi di privati un erbicida che avrebbe ulteriormente indebolito le difese immunitarie dell’ulivo. Arianna Bonfioli, ufficio stampa della multinazionale fresca di matrimonio con la farmaceutica Bayer:

“Monsanto non ha mai fatto sperimentazioni o test per nuovi prodotti in Puglia. Per quanto riguarda la Procura di Lecce, non siamo mai stati ascoltati da loro ed è stata una sorpresa essere menzionati nel decreto”.

Che pesticidi e discariche abusive abbiano avvelenato il suolo del Salento è però accertato. Pochi giorni fa l’istituto oncologico Giovanni Paolo II di Bari ha diffuso i dati sui tumori in Puglia, ed a Lecce sono risultati particolarmente diffusi quelli ai polmoni e alla vescica. Guarda caso, le mappe relative alla malattia sono perfettamente sovrapponibili a quelle dell’espansione del disseccamento rapido dell’ulivo.

«Basta polemiche: ci vogliono piante-cloni che ci permettano di salvare la nostra principale fonte di reddito», taglia corto Leo Greco che rappresenta 21 mila coltivatori diretti. «La xylella introdotta apposta? Non diciamo sciocchezze», scuote la testa il direttore di Coldiretti Lecce Peppino Brillante, «nel Salento la produzione stava finalmente raggiungendo un buon livello di qualità e fioccavano i riconoscimenti, aumentavano le etichette dop. Ora non abbiamo più futuro».

A meno che il futuro non sia proprio l’immobiliare, e non solo sulla costa jonica. Anche a Torchiarolo, un altro bastione di ulivi millenari attaccato dalla xylella, è stato presentato qualche tempo fa un dettagliato progetto per albergo, residenze, shopping center, ristoranti, parco giochi e altre meraviglie a pochi chilometri dal mare. L’ex sindaco Giovanni Del Cavo: «Si è opposta la Regione, a noi avrebbe fatto comodo». L’ex vicesindaco Crocefisso Tomasi, 600 ulivi ereditati da papà: «Qualcuno si è ammalato e non ce la faccio a seguirli, costa troppo. Per fortuna ho un bar e una pizzeria».

 

Author: Paolo Crecchi

Posted on 22 Marzo 2017 in News, Puglia, Salento

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Pierluigi Polignano. Economista del Turismo, fondatore di "Made in Puglia®"

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