Fine anno col botto in Puglia!
Il Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 141 del 30.12.2022, ha modificato la Legge Regionale n. 11/1999 “Disciplina delle strutture ricettive (ed extraricettive) ex articoli 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217, delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo di lucro” sostituendo il comma 3 dell’articolo 41, che ormai ei fu, recitata così “Sono case e appartamenti per vacanza gli immobili gestiti in forma imprenditoriale, e non occasionale, per l’affitto ai turisti, composti da uno o più vani, arredati, dotati di servizi igienici, cucina e collocati anche in più complessi immobiliari. Si intende gestione imprenditoriale e non occasionale la gestione di almeno tre case o appartamenti per vacanza”, con il seguente testo: “Sono case e appartamenti per vacanze gli immobili abitativi dati in affitto ai turisti, composti da uno o più vani, arredati, dotati di servizi igienici, cucina e collocati anche in più complessi immobiliari. La gestione di detti immobili può essere svolta in forma non imprenditoriale per un numero massimo di tre immobili ubicati nel territorio regionale”.
In barba al sistema produttivo, all’economia ed all’industria turistica regionale non si è tenuto conto della differenza fra “affitto” e “locazione”: spesso si tende a confondere i termini, ma le differenze sono chiare: mentre il contratto di affitto ha come oggetto beni produttivi, che possono quindi produrre ricchezza (come ad esempio un’azienda), il contratto di locazione riguarda beni non produttivi, ma che potrebbero diventarlo: è il caso delle abitazioni, ma anche degli uffici e dei negozi; il locatario, quindi, si limita a utilizzare il bene locato, mentre l’affittuario, oltre ad utilizzarlo, gode anche degli introiti della propria produzione.
Sarà una mia deformazione professionale ma un testo, per giunta legge regionale, deve essere scritto “a regola d’arte”. Stop. Mi limito a questo.
Il D.Lgs. 79/2011, detto anche “Codice del Turismo”, ha provveduto al riordino della disciplina in tema di strutture ricettive.
Essenzialmente si distingue fra:
1) strutture ricettive alberghiere e paralberghiere;
2) strutture ricettive extralberghiere;
3) strutture ricettive all’aperto;
4) strutture ricettive di mero supporto.
Peccato che la Corte Costituzionale, con sentenza 5 aprile 2012, n° 80, appena un anno dopo, ha pronunciato l’incostituzionalità degli articoli per eccesso di delega. Ma non importa, andiamo avanti così.
Dopo questa noiosa premessa che ha voluto definire un quadro poco chiaro della situazione passiamo al cuore del discorso, e lo introdurrei con una domanda:
Possibile che gli imprenditori turistici, per intenderci, chi ci campa, chi ha la partita IVA, deve sempre soccombere a leggi e regolamenti strampalati?
Capisco la gestione di un immobile in forma occasionale (non vi nego che mi viene difficile), ma addirittura fino 3, sull’intero territorio regionale, è davvero un brutto colpo a chi ha voluto investire tempo e denaro, oltre che sulla formazione, sulla ricerca ed innovazione, nonostante la sentenza n° 80/2012.
Si è già parlato in queste pagine di overtourism, si è già parlato dell’impatto negativo sul sistema sociale, economico ed ambientale che il fenomeno potrebbe comportare: credo che la strada intrapresa sia esattamente l’opposto di cosa si dovrebbe fare.
Questa scelta completerà lo snaturamento dei centri storici, probabilmente per tanti comuni la principale attrattiva, già pesantemente afflitti da servizi standardizzati, inutili, nocivi e magari lontani dalla cultura del luogo.
La capacità di carico sociale (limite oltre il quale le altre funzioni sociali ed economiche dell’area risultano danneggiate e ostacolate, con conseguente degrado della qualità della vita) sarà irrimediabilmente compromessa ed andrà a stimolare, concedetemi il termine, un secondo elemento, la “capacità di carico economica”. Questa è definita punto limite oltre il quale la qualità del soggiorno si riduce drasticamente determinando una contrazione della domanda. Corrisponde al limite dove i benefici economici, raggiungono il valore massimo di domanda. La destinazione quindi si ritroverà in una fase inesorabile di declino e tutto sarà perso. Territorio compreso.
Se il Destination Management dell’organizzazione turistica pubblica locale è questo, preferisco cambiare mestiere.
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