CETA, disastro annunciato: per il Sud non c’è spazio

Entra in vigore oggi, in via provvisioria, il Ceta, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada. L’accordo, per essere pienamente operativo dovrà essere ratificato dai singoli Parlementi. In Italia il testo arriverà nell’aula del Senato il prossimo 26 settembre.

Gli obiettivi. L’accordo tra Ue e Canada prevede l’abolizione del 99% dei dazi doganali. Dall’entrata in vigore del Ceta, il Canada abolirà dazi sulle merci originarie dell’Ue per un valore di 400 milioni di euro, mentre alla fine di un periodo di transizione la cifra – secondo le stime della Commissione – dovrebbe superare i 500 milioni l’anno.

La tutela della proprietà intellettuale e del diritto d’autore. Il trattato prevede anche una maggiore forme di protezione della proprietà intellettuale e l’adeguamento e l’adeguamento del Canada agli standard europei delle norme sul diritto d’autore

Nuovo modello per le controversie fra investitori e Stati.  Il nuovo meccanismo per la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, quando un governo legifera nell’interesse pubblico arrecando danni all’investitore, rappresenta uno degli elementi  più discussi del Ceta, così come lo è stato per il TTIP. La differenza sostanziale però è che il Ceta prevede un meccanismo diverso da quello inizialmente inserito nel trattato transtlantico, il cosiddetto ISDS, fondato sugli arbitrati privati, sostituito invece da un nuovo sistema giudiziario per la protezione degli investimenti (ICS), con un tribunale pubblico composto da giudici indipendenti e di carriera, nominati dall’Ue e dal Canada. Le procedure saranno trasparenti, grazie a udienze pubbliche e pubblicazione dei documenti. L’accordo prevede che, in caso di disputa, un soggetto pubblico non potrà essere costretto a modificare un testo di legge o condannato al pagamento di danni punitivi. Un compromesso che potrebbe attenuare uno dei rischi evocati più spesso dai detrattori dell’intesa, quello che uno Stato potesse essere giudicato da un tribunale privato per azioni che avessero danneggiato l’attività di una multinazionale.

Agricoltura e Indicazioni di origine. Con il Ceta il Canada si è impegnato ad aprire il suo mercato a formaggi, vini e bevande alcoliche, prodotti ortofrutticoli e trasformati. Tutte i prodotti importanti dovranno essere conformi alle disposizioni dell’Ue, per esempio sulla carne agli ormoni. Il Canada ha accettato di proteggere 143 prodotti tipici che beneficiano dell’indicazione di origine, come il formaggio francese Roquefort. Per l’Italia, il Ceta prevede la protezione di 41 prodotti di denominazione di origine: dalla bresaola della Valtellina all’aceto Balsamico di Modena, passando per la Mozzarella di Bufala Campana: sono fuori 248 prodotti tutelati, ma cosa che colpisce è che solo 5 di questi appartengono al Sud Italia (Sardegna inclusa), contro i 24 del solo nord. Restano fuori il caciocavallo silano, il pomodoro di San Marzano, l’olio extravergine Terra di Bari, il pistacchio di Bronte e la soppressata calabrese, solo per fare alcuni esempi. In una penuria di diversità geografica colpisce la presenza massiccia di prodotti del solo territorio modenese: cinque.

Rischi e svantaggi.  La Coldiretti, con altre organizzazioni, tra le quali la Cgil, Legambiente e Slow Food, ritiene che il Ceta non tuteli abbastanza i prodotti italiani, perché li mette sullo stesso piano rispetto a quelli canadesi, che ne costituiscono l’imitazione, come il Parmesan rispetto al Parmigiano Reggiano. In definitiva, il Ceta legalizzerebbe la pirateria. Il Ceta è un regalo alle grandi lobby industriali dell’alimentare che colpisce il vero Made in Italy e favorisce la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali.

La Cina è ancor più vicina. Discorso simile per l’accordo commerciale in programma tra Ue e Cina. Lo scorso 2 giugno 2017 l’Ue e la Cina hanno pubblicato formalmente un elenco di duecento indicazioni geografiche, 100 europee e 100 cinesi, la cui protezione sarà considerata nell’accordo bilaterale da concludersi  nel 2017. Nella lista delle Denominazioni Geografiche pubblicata ben 26 designazioni sono italiane. “Purtroppo – continua Colomba Mongiello – si riscontra che nella lista delle indicazioni geografiche italiane, a parte il Pecorino Romano, vi è una sola Denominazione d’Origine del Mezzogiorno d’Italia, la Mozzarella di Bufala Campana”. Il meridione italiano vanta una molteplicità di derrate a designazione Dop, Igp e Stg, in Puglia vi sono 59 Denominazioni Geografiche, di cui 38 relative ai vini, in Sicilia 63, in Sardegna 43, in Calabria 39, in Lucania 17. Nessuna di esse si ritrova nell’elenco dell’accordo con la Cina. Non vi è traccia, ad esempio, delle Arance Rosse della Sicilia, degli Oli extravergine di Oliva della Puglia, del Pomodoro di Pachino, dell’Uva di Puglia o delle Clementine di Calabria del Pomodoro S. Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino o dei tanti rinomati vini del Sud.

Quali siano stati i criteri di selezione delle indicazioni geografiche confluite nella lista delle 100 indicazioni oggetto di mutua tutela tra l’UE e la Cina nell’ambito dell’accordo sulla cooperazione e la protezione delle indicazioni geografiche da concludere entro il 2017. Come mai nella predetta lista non vi siano denominazioni del Sud Italia e quali iniziative si intende assumere per sanare tale incresciosa anomalia.

Intanto al porto di Bari, centinaia di tonnellate di grano duro canadese trattato in pre-raccolta con il glifosato, aspettano.

Posted on 22 Settembre 2017 in Destinazioni, News

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Pierluigi Polignano. Economista del Turismo, fondatore di "Made in Puglia®"

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